Il cementificio di Alzano Lombardo è senza dubbio l’icona di quel processo d’industrializzazione avvenuto nel XX secolo che ha interessato il territorio bergamasco rendendolo famoso in tutta Europa. Nato per volontà dei Fratelli Pesenti nel 1878, tramite il riadattamento di una cartiera, dal 1883 inizia una lunga e progressiva stratificazione strutturale. Acquistato verso la metà del Novecento dall’Italcementi, divenendo così l’edificio storico della società, fu dismesso negli anni Settanta per perdita di capacità tecnologica (lo spegnimento definitivo dei forni avvenne nel 1966). La particolarità degli spazi non ha permesso di insediarvi nuove attività, così fu abbandonato.
Il cementificio fu sottoposto a vincolo di tutela nel 1980, come monumento di archeologia industriale, dal Ministero per i Beni Culturali che gli riconobbe un valore “estremamente importante di testimonianza fisica”. Esso, infatti, fu edificato con l’impiego quasi esclusivo delle stesse materie che lì si producevano: cemento bianco, grigio, le tre varietà di Portland e cemento Grenoble a pronta presa.
Il complesso concilia l’innovazione tecnologica con l’eclettismo stilistico tipico del periodo storico in cui è nato. Esso si articola in due parti principali, divise da una strada interna rettilinea: una a levante, plastica e monumentale, destinata alla produzione del cemento; l’altra a ponente, più compatta e ornata, con funzione di magazzino e per alcuni anni sede direzionale dell’azienda. Quest’ultima emerge dall’intorno per la finezza del fronte di valle costituito da un loggiato sorretto da colonne slanciate e bordato da una balaustra che termina alle estremità in due torrette in stile moresco, decorate da archetti pensili. Quest’area, riconvertita in luogo espositivo, ha ospitato dal 2009 fino alla fine del 2017 lo spazio ALT Arte Lavoro Territorio, museo che raccoglieva la collezione dell’architetto Tullio Leggeri.