Il complesso archeologico oggi conosciuto con il nome di Emporium (negozio) è quanto rimane del secondo porto fluviale di cui Roma si era dotata nell’Antichità. Dopo la sconfitta di Annibale nel 202 a.C. a Zama, che sancì la fine della Seconda Guerra Punica, Roma conobbe un lungo periodo di pace, che portò un incremento della popolazione e del commercio. L’antico Portus Tiberinus, che sorgeva nell’ansa del Tevere, sulla riva sinistra del fiume, aveva alle spalle il Velabro ed il Foro Boario, la presenza dei quali impediva l’ormai necessario ingrandimento delle vecchie strutture portuali. Per questo motivo, e proprio in seguito all’esondazione del Tevere, che seguiva di poco quella del 202 a.C. e all’incendio del 212 a.C., nel 193 a.C., i Consoli Marco Emilio Lepido e Lucio Emilio Paolo dettero inizio alla costruzione di un nuovo porto nella zona a sud dell’Aventino, all’epoca completamente disabitata. I lavori proseguirono per diversi anni. Tito Livio, scrive che nel 174 a.C. che i due Censori Quinto Fulvio Flacco ed Aulo Postumo Albino completarono i lavori facendo costruire una scalinata di accesso al fiume. Roma aveva così un nuovo porto fluviale, più grande e più rispondente alle necessità della crescita demografica della città. La nuova struttura sarebbe stata utilizzata fino alla caduta dell’Impero d’Occidente, subendo ampliamenti e rimaneggiamenti più volte, in particolare nella prima metà del II secolo d.C., durante i principati di Traiano e del suo successore Adriano.
Per secoli, dunque, proprio qui sbarcarono merci e derrate per rifornire i negozi, le case e le tavole di Roma. Il più conosciuto di tutti i commerci che si svolgevano all’Emporium, era quello dell’olio, contenuto nelle anfore i cui frammenti hanno formato, tra il 140 d.C. e la seconda metà del III secolo d.C., il Monte Dei Cocci, dal nome antico di Mons Testaceum. I rinvenimenti di numerosi frammenti di lastre di marmo grezzo e dell’iscrizione di un marmista risalente all’epoca Flavia indicano come qui sbarcasse comunque ogni tipo di merce, anche i marmi che avrebbero decorato i palazzi, i Fori e i templi.
In epoca tardo-imperiale il porto cadde in disuso. Già alla fine del III secolo sopra gran parte delle sue strutture venne innalzato un lungo tratto delle Mura Aureliane. Nel corso dei due secoli successivi vennero prima re-interrati gli ambienti ipogei, poi buona parte delle restanti strutture in superficie. Durante gli scavi condotti dal Gatti negli anni tra il 1868 ed il 1870, vennero rinvenute sepolture databili al VI-VII secolo d.C.. Ma sarà Papa Leone IV, nell’846 d.C., ampliando e rafforzando le strutture difensive sul fiume in seguito ad un’incursione saracena, a rendere definitivamente inutilizzabile quanto rimaneva del porto.
Già dal V secolo, comunque, nei testi non si parla più dell’Emporium di Roma. In epoca medievale la zona prenderà il nome di Marmorata, o Ripa Marmorata, per via delle numerose officine di lavorazione del marmo che erano sorte sopra un terreno ricco di grandi quantità di questo pregiato materiale.